Manifesto per una rinascita individuale.
L’Italia è il Paese migliore per fare business, se conosci il business liquido. Ma nessuno lo sa. Abbiamo i migliori sviluppatori, i migliori project manager, in generale le migliori eccellenze, e qualunque cosa realizzi qui la puoi far uscire in Europa col marchio made in Italy. Senza contare che tutto costa pochissimo rispetto a Londra.
Se non ci fossero la burocrazia e le tasse, l’Italia sarebbe il paradiso delle piccole e medie imprese. E invece è un inferno, proprio a causa della burocrazia e delle tasse. Ma il business liquido bypassa la burocrazia, e ti permette pianificazioni fiscali che con il business tradizionale non si possono fare. In più, puoi lavorare dovunque nel mondo.
In molti sottovalutano le potenzialità dell’Italia, italiani compresi. Ma si sbagliano. Per esempio, grazie al business liquido ci stiamo riappropriando del turismo. Io ho una società che fa 3 milioni di euro affittando appartamenti a chi viaggia con figli piccoli: si chiama Family Apartments, e adesso diventerà un franchising. Certo, la normativa e la burocrazia sono roba da impazzire, non foss’altro perché cambiano da regione a regione, così che quel che puoi fare in un posto a pochi chilometri e nella stessa nazione diventa illegale. Insomma, non per nulla siamo in Italia. Questo però non ci ferma, perché siamo imprenditori liquidi e trasformiamo le difficoltà in opportunità. Infatti, abbiamo creato la principale organizzazione di formazione per chi vuole lavorare nell’extralberghiero: si chiama Vivere di Turismo. Sai qual è nostro slogan? «Tutti dicono che l’Italia potrebbe vivere di turismo, comincia a farlo tu!»
Ti racconto tutto questo perché il messaggio che voglio farti passare è che anche in Italia, grazie alla digitalizzazione portata dalla società liquida, sono nate nuove professionalità. Come gli sviluppatori software, per esempio, che rappresentano un mondo composto a sua volta da variegate figure: dai marketer ai copywriter, ai developer ai designer. Non ci rendiamo conto di quanto la creatività italiana possa fare la differenza: in ogni team, sapere che è presente un italiano fa schizzare in alto le aspettative su quel team e questo, se cerchi investimenti, è oro. Pensaci: invece di diventare patria di startup, perché non diventiamo patria di chi aiuta le startup a crescere? Che c’importa di reinventarci la Silicon Valley? Diventiamo qualcosa di diverso. Diventiamo It-nation.
.it è il suffisso della nostra nazione, ma significa anche Internet Technology: prendiamolo come un segno! Creare business unit as a service qui, nel nostro Paese, significa prendere fatturato dall’estero e reinvestirlo in Italia attraverso le sue expertise. Una sorta di dumping al contrario, virtuoso. Andare nei Paesi dove c’è più margine e avere una manodopera italiana, che costa meno non perché è sfruttata, ma perché la qualità della vita costa meno. Usiamo intelligenza italiana.
Tutti si lamentano che in Italia non c’è capitale paziente e il giusto ecosistema startup, ma cos’è più facile: attendere il cambio generazionale o prendere un aereo? Acquistare un biglietto o cambiare la mentalità di un Paese? Si deve andare a fare funding per trovare finanziamenti all’estero e creare quelle aziende all’estero, perché è impensabile, data l’incertezza politica che viviamo, farlo qui. Se invece sviluppassimo in Italia facendoci pagare da aziende estere, sarebbe proprio come hackerare il sistema: giocheremmo su due tavoli senza essere dei bari.
Non voglio parlare di politica: voglio proporre solo qualcosa che possiamo realizzare noi imprenditori. Se dovessi attuare un programma politico, penserei a una cryptovaluta che utilizzi come sottostante la resa dei nostri monumenti in termini di gettito derivante dal turismo: comprando quella cryptovaluta, hai un pezzo infinitesimale, ma certo e garantito in blockchain, del Colosseo, delle rovine di Pompei, degli Uffizi… Chi non la vorrebbe? Varrebbe a seconda di quanto saremmo capaci a far fruttare la nostra ricchezza più grande. Se davvero ci fosse una volontà politica, tutte le normative esistenti dovrebbero essere di agevolazione non solo per gli investitori italiani, ma anche per l’azienda estera che apre l’attività in Italia attraverso un’organizzazione stabile, perché quell’organizzazione porterebbe ricchezza sotto forma di posti di lavoro. Il motto del governo suonerebbe così: «Capitali stranieri, competenze italiane». In cinque anni avremmo risanato l’economia.
Ma questo è un sogno. Al contrario, creare business unit liquide che lavorano per aziende estere non solo è possibile: lo stiamo già facendo.